Al cantiere della Tav né agenti né militari Così si fa in Francia

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Saint-MartinLa-PorteAndrea Gatta – CronacaQui
All’entrata una sbarra simile a quelle dei parcheggi Gtt, un cartello che avvisa “sorvegliato 24 ore su 24” e una casetta con quattro vigilanti privati che sorridono e si fanno persino fotografare. Non c’è nessuna traccia di gendarmi o militari, non c’è filo spinato, non ci sono reti speciali o muri e una strada trafficata corre a soli 50 metri. «Mentre da noi, per colpa dei soliti noti, vengono scomodati tutti i gradi e tutti i corpi delle forze dell’ordine »
osserva il consigliere Pd Antonio Ferrentino. Eppure si tratta sempre di un cantiere della Tav, dove si sta scavando il nuovo collegamento ferroviario fra Italia e Francia. Ma non è quello di Chiomonte: è in Francia, a Saint-Martin La-Porte, dove le cose funzionano un po’ diversamente. Tanto che il cunicolo esplorativo di 2,4 chilometri nella montagna è arrivato in fondo da anni e da gennaio si sta scavando un collegamento per unirlo con un altro tunnel analogo, realizzato a La Praz. Un’operazione da 400 milioni di euro che ad oggi dà lavoro a 200 addetti. «In Francia sono partiti con il piede giusto, in Italia il progetto è iniziato in modo sbagliato e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze – riconosce Mario Virano, direttore generale di Telt, la società incaricata di realizzare l’infrastruttura -. Ma in ogni caso siamo riusciti a correggere il tiro e il clima sta tornando verso la normalità». Questa nuova galleria, per adesso lunga 128 metri, è il primo pezzo della vera Torino-Lione: lì fra il 2027 e il 2028 inizieranno a transitare i treni dell’Alta velocità. Un risultato celebrato con una visita ufficiale di una delegazione politica guidata dal presidente del Rhone-Alpes Jean-Jack Queyranne. Il troncone in questione è di 9 chilometri, il punto da cui si parte è considerato uno dei più complicati dell’intera ferrovia, a causa della natura della montagna, una roccia carbonifera elastica e in grado di chiudersi rapidamente. Il tratto sarà finito fra cinque anni, per concludere l’opera con la parte italiana si deve arrivare a 57. «Ma si scaverà contemporaneamente da 8-10 punti diversi – spiega Mario Virano, direttore generale di Telt, la società incaricata di realizzare l’opera -. Da qui come a Susa e a Chiomonte». E per l’Italia ancora alle prese con proteste e No Tav questo resta uno dei nodi cruciali. Dove sarà collocato il cantiere definitivo? Il progetto iniziale prevede Susa, la logica che sta prevalendo è continuare a utilizzare quello già esistente e ben presidiato di Chiomonte, dove la talpa procede di buona lena e ha già superato 3 dei 7,5 chilometri previsti, evitando così per il momento di aprire altri fronti complicati con l’o c c u p azione di nuove aree. La soluzione – far passare la fresa principale dalla Maddalena – è indicata come possibilità nel progetto definitivo già approvato dal Cipe, di cui si attende la delibera ufficiale prima di agire. Il documento è ora in mano al ministero dell’Economia e dovrà ottenere ancora il visto della Corte dei Conti. Ma le indiscrezioni danno sempre più probabile la rinuncia a Susa.

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